(Valdicastello, Lucca, 1835 – Bologna, 1907)
Nobel per la Letteratura nel 1906. Per la sua approfondita ricerca critica, per la sua freschezza di stile e per la forza lirica che caratterizza i suoi molti capolavori.
Giosuè Carducci è un poeta e critico italiano. L’ambiente chiuso del conservatorismo ha fatto nascere nel poeta profonde inclinazioni anticattoliche e antiromantiche che rappresenteranno il lievito poetico del suo orientamento classico-umanistico. Fu insegnante di greco e latino in varie scuole superiori e di eloquenza all’Università di Bologna. Per la sterminata produzione in nostro possesso, come critico, erudito e poeta, il Carducci si colloca in una posizione originale rispetto a tutti gli altri che vissero nell’età del realismo e degli epigoni del Manzoni (cui fu sempre avverso), presentandosi come il poeta della patria e della storia, dando risalto ai contenuti e alle forme epiche: Giambi ed Epodi, Rime nuove, Odi barbare, Rime e ritmi, la sua ultima raccolta di versi, del 1899. Rilevanti sono le liriche, soprattutto quelle di carattere autobiografico, come Davanti San Guido, Pianto antico, Nostalgia, Sogno d’estate, San Martino, Egle, che toccano ancor oggi le corde di una virile malinconia e confermano il vigore di uno stile originale e raffinato. Ma di enorme prestigio è anche la sua vastissima attività di critico, valorizzata in questa fine di secolo per quell’attenzione ai valori formali dei testi per cui viene inserita nel filone della migliore critica stilistica del Novecento. Dal saggio su Giuseppe Giusti (1859), a Degli spiriti e delle forme nella poesia di G. Leopardi (1898), alla proposta di lettura filologica e stilistica che si trova in Parini minore, Parini maggiore e nei commenti sull’opera del Petrarca.
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Tratto da I Premi Nobel. La vita, le scoperte e i successi dei premiati in fisica, chimica, medicina, letteratura, pace, economia, dal 1901 al 2016, BookTime, Milano, 2016.